I ricordi sono le pagine che compongono il libro della nostra vita.
Come ogni libro che si rispetti, certe pagine sono più vivide di altre e rimangono nella nostra memoria per periodi più lunghi, riaffiorando in superficie in momenti diversi della nostra vita.
1. Soffriamo di amnesia infantile
Sono pochissimi gli adulti che ricordano gli episodi appartenenti ai primi tre anni di vita. La memoria inizia a svanire già per quelli avvenuti dai sette anni in giù. Perché ciò accada è poco chiaro, ma il fenomeno era già stato osservato da Sigmund Freud e da lui battezzato “amnesia infantile”. Due anni fa una ricerca della Emory University di Atlanta (Usa), pubblicata sulla rivista Exit.bio, ha chiarito che la cancellazione dal nostro archivio mentale di ciò che è accaduto nella primissima infanzia è un processo graduale. I bambini di 5–7 anni ricordano infatti circa il 70% degli episodi che erano in grado di raccontare a tre anni, ma a nove la percentuale scende al 35%. Secondo gli autori dello studio questo accade per due motivi: il primo è che i bambini piccoli non sanno ancora usare il calendario, né si rendono conto dell’alternarsi delle stagioni e degli anni. Questi elementi infatti aiutano a collocare gli episodi in un contesto temporale preciso, facilitandone la memorizzazione.
2. Parlo dunque ricordo
Altri studiosi hanno messo invece l’accento sullo sviluppo del linguaggio, che si arricchisce di molto nella fascia d’età che va fra i tre e i sei anni. La parola, infatti, permette di riflettere su ciò che ci accade e in questo modo aiuta a fissare il ricordo. Alcuni anni fa, una ricerca americana ha trovato che i bambini di due anni con abilità linguistiche migliori erano poi più bravi a ricordare episodi della loro primissima infanzia, una volta raggiunti i sette anni.
3. Dimenticare: lo scopo del sonno
Dormire è il prezzo che paghiamo per avere un cervello plastico e in grado di imparare nuove cose ogni giorno: la conferma in uno studio quadriennale compiuto sui topi. Di giorno le sinapsi, ossia i punti di contatto tra i neuroni, sono rafforzate da stimoli che ne aumentano numero e volume: facciamo nuove esperienze, accumuliamo ricordi e competenze. Di notte, parte di questo groviglio si disfa: le sinapsi si assottigliano di circa il 20%, i ricordi inutili sono eliminati e si fa posto a quelli del giorno che verrà.
4. Memoria: come si formano i ricordi stabili
Per ogni evento, il cervello prepara due tracce: una per rievocazioni immediate, e una per il lungo termine. La scoperta riscrive le più note teorie sull’archiviazione delle esperienze che viviamo.
Per ogni episodio vissuto, il cervello crea due tracce: una destinata al “qui ed ora”, e una fatta per durare nel tempo. La seconda rimane per qualche tempo silente, ma esiste sin da subito: una scoperta che ribalta la convinzione, da molti accettata, che tutti i ricordi siano dapprima “a breve termine”, e con il tempo siano convertiti in tracce stabili. I ricordi delle nostre esperienze personali sono gestiti soprattutto da due aree cerebrali: l’ippocampo, per la memoria a breve termine — quella, per intenderci, che ci serve a tenere a mente un nuovo numero di telefono per il frangente di tempo necessario a scriverlo su un foglio — e la corteccia, per i ricordi a lungo termine (tutti gli altri).
5. I cento geni che regolano la memoria
La memoria umana è racchiusa in poco più di 100 geni, identificati grazie alla correlazione tra i dati genetici e l’attività del cervello nel processo di elaborazione dei ricordi. Questo è quanto affermato da una ricerca presentata nella conferenza annuale della società di neuroscienze cognitive americana (CNS) a San Francesco. “Siamo più vicini a capire i meccanismi molecolari della memoria’’, ha osservato Genevieve Konopka, dell’Università del Texasn Southwestern, co-autrice della ricerca insieme a Evelina Fedorenko, del Massachusetts General Hospital.
6. È possibile impiantare falsi ricordi
Proprio di recente sono state pubblicate su Nature Neuroscience le conclusioni dell’esperimento più complesso mai condotto in materia di costruzione e impianto di memorie artificiali. Gli scienziati del Consiglio nazionale delle richerche francese, coordinati da Karim Benchenane, sono riusciti a trasferire nel cervello di cinque topi da laboratorio, durante il sonno, un falso ricordo relativo al posto in cui era nascosto del cibo. Al risveglio, gli animali si sono diretti autonomamente verso il luogo indicato dalla memoria artificiale.
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