Metà degli anni ottanta. Roma. Un ufficio di un’Agenzia Regionale Siciliana.
Il loro Avvocato Presidente è massiccio, fuma mentre parla perentorio. Il mio capo non sopporta il fumo, si tocca gli occhiali di continuo e cerca di continuare a sorridere. Tra me e lui quattro grandi volumi dei nostri tabulati di stampe e disegni fatti a plotter. L’avvocato respinge sul tavolo i nostri volumi senza neanche aprirli. Mi sento a disagio, capisco che i nostri sforzi non sono apprezzati, mi sento del tutto responsabile per ciò che sta succedendo.
L’avvocato capisce di essere andato giù troppo pesante, ma tiene il punto, e ci chiede ancora una volta: SI o NO? Che cosa dovremmo fare, chiudere la miniera e licenziare trecento persone o continuare a produrre? Il problema, lo sa lui e lo sappiamo noi, è che la miniera ogni anno scende un poco più a valle. Cinque dieci centimetri all’anno sono pochi o sono tanti? Sono troppi?
Il nostro studio è stato svolto con i più moderni sistemi di calcolo, l’uso dei migliori elaboratori elettronici d’Europa, che noi possediamo e sappiamo governare. La storia dei calcolatori è un pezzo dei miei archivi su Exit.bio, mi serve a ricordare che i nostri timori e speranze di tecnici, di fronte alle complesse decisioni da prendere quando si tratta di vita di uomini, e non solo di denaro, non sono cambiate: cerchiamo i dati, ma necessitiamo la saggezza.
Il lavoro con i calcolatori produce moli immense di dati, ma qui si tratta di dire SI o NO facendo una difficile ma “buona abbastanza” previsione sul futuro, non un’ottima simulazione del presente o del passato. Conterebbe l’esperienza, se ci fossero — e per fortuna non ci sono — decine di miniere sprofondate come quella che stiamo studiando (nota: se ci sono non sono mica tanto raccontate).
Ciò che conta è il modello concettuale, l’intuizione, non il calcolo. Gli elaboratori elettronici hanno appena iniziato a irrompere nel lavoro delle società di ingegneria. Producono molti dati, ma spesso non fanno fare un passo dico uno verso la conoscenza e la saggezza: se il modello concettuale non è chiaro, il computer ti restituisce, spesso in peggio, ciò che hai inserito. Shit in — shit out si dice, ma io direi invece che il mezzo digitale ha una caratteristica precipua: tendendo a produrre molti numeri, confonde la nostra visione, ma in prima battuta ci rassicura, e ciò che sta su uno schermo ci pare più affidabile di un tratto scritto a mano. Tanto che oggi i big data sono spesso foglie di fico per nascondere small ideas.
Oggi con un social network posso sapere cosa mangiano a colazione e quanto defecano i cani di tutti i miei amici. Tutti i giorni, dovunque siano. Sempre. Questi dati non sono solo inutili, sono dannosi, perché occupano il tempo e lo spazio mentale che potrei dedicare a qualcosa di più utile, come guardare il cielo, sentirmi vivo, decidere dove dirigere il mio essere domani, essere sloweb, praticare un poco di digital detox, governare davvero le tecnologie.
L’Avvocato smorza ancora i toni mentre ne accende un’altra. E dice non vi preoccupate del lavoro fatto, del tutto apprezzabile e molto apprezzato, dice così ma non lo pensa. Lo pagheremo, come d’accordo — e si tratta di una cifra che posso misurare — in modo oltraggioso, d’accordo — in dieci milioni di lire, circa, per ogni chilo di carta. L’avvocato prosegue e dice ora per cortesia tornate con due, tre pagine al massimo e mi dite se si o se no. Non usa più le maiuscole. Noi usciamo, il capo è sollevato, anche perché siamo fuori da quella stanza fumosa e da una aggressività cui non è proprio abituato.
Torniamo a Torino. Dopo qualche giorno metto via il computer che produce dati, prendo un foglio di carta, una matita, tento di scrivere un’equazione in forma chiusa. Poi un’altra. In fondo i parametri che veramente governano il problema sono pochi: volume, infiltrazione, cedimenti, tempo. Correlo il tutto in un modello concettuale semplice, tento un’esponenziale, cancello. Un’esponenziale un poco più complessa. E sento un brivido.
Tutto improvvisamente torna; estrapolo, la risposta è chiara, balza fuori nitida e semplice. Ieri, adesso, e domani! Abbiamo la soluzione. Sappiamo se SI o se NO. Che godere intenso: i dati, selezionati, cantano intonati la canzone che abbiamo cercato per mesi di far balbettare al calcolatore. Intuito, è selezione di ciò che conta, potere della mente, anche questo insomma era digital detox, trent’anni prima che questa espressione fosse coniata.
Computer umido batteva computer secco uno a zero. E non lo dimenticherò mai più.